Curare una pianta, aspettarne la crescita e la fioritura, per poi raccoglierne i frutti. Lavoro paziente, che prevede coinvolgimento, cura e umanità.
Vale per le piante ma anche per gli uomini, soprattutto per chi è più in difficoltà e cerca un’opportunità per ricominciare: non poteva che partire dal frutteto di Sant’Eufemia l’esperienza di «Custodi del bello». Il progetto che vede come ente capofila la Caritas diocesana di Brescia è rivolto a persone fragili che, grazie alla cura di aree pubbliche come parchi, giardini, strade e piazze vengono reinserite nella comunità e nel mondo del lavoro.
Lo spazio verde, che sorge alle spalle del complesso monastico del quartiere e che oggi ospita il Museo Mille Miglia, è nato nel 2017 «come luogo che non ha nessuna ambizione di produrre frutta: era un grande spazio verde di proprietà del Comune, cui abbiamo chiesto il comodato d’uso gratuito attivando un patto di collaborazione – spiega Andrea Franchini, animatore sociale delle Acli cittadine -.
L’area è stata ridonata alla comunità, intitolata alla Laudato si’ di Papa Francesco: abbiamo allestito cartelli, panchine e un orto sociale gestito con i bimbi delle elementari. Il progetto ha subito un rallentamento per il lockdown, ma riprenderemo appena possibile. Nel frutteto, una piccola oasi di tranquillità a due passi dal traffico di viale Sant’Eufemia, sono stati impiegati i richiedenti asilo che alloggiavano all’ex hotel Mille Miglia, nell’ambito del progetto «Paese che vai, accoglienza che trovi»; ora, a prendersi cura delle 53 piante (tra meli, giuggiole e mandorli) sono i partecipanti a «Custodi del bello», che danno supporto agli altri volontari che già si occupano del frutteto per la manutenzione ordinaria ma che potrebbero anche aiutare per interventi straordinari. «Vorremmo ripristinare l’orto, recuperare un muro a secco, installare altre panchine» dice Franchini.
Per ora il progetto di Brescia è il quarto laboratorio a livello nazionale, dopo le esperienze positive di Firenze, Milano e Roma: i tirocini attivi sono tre, un quarto sarà attivato questo mese. L’impegno durerà sei mesi, per 12 ore settimanali e un compenso di 350 euro mensili: «È un percorso di riattivazione, per cui molti si possono proporre: è compatibile con il reddito di cittadinanza e potrebbe essere interessante anche per studenti o per chi vuole rimettersi in gioco», spiega Giuditta Serra, operatrice della Cooperativa Kemay, che partecipa con Comune, Consigli di quartiere, Fondazione Caritas San Martino, parrocchie, cooperative e associazioni, in sinergia con gli assessorati a Partecipazione, Servizi sociali e Rigenerazione urbana e con il supporto della cooperativa Essere e dell’associazione Dignità e Lavoro, che dirigeranno le attività sul campo.
Saranno ora coinvolti gli altri quartieri della zona est, con interventi concertati: «Partiremo con un cantiere diffuso nella zona Est, in base alle richieste dei Cdq, incrociandole con le esigenze del Comune – evidenzia Serra –.È una sfida, un lavoro di partecipazione complesso e faticoso, che deve tener conto di regole e tempi della pubblica amministrazione».
L’idea è stata illustrata ai Cdq della zona Nord che ora dovranno individuare zone di intervento per proporle.
Manuel Venturi
Articolo di “Brescia Oggi” apparso nell’edizione dell’8 dicembre